Il calcio come sogno trasformato in realtà
Trentanove anni, ferrarese, laurea in economia e una straordinaria passione, naturalmente il calcio, trasformata – da molti anni per la verità – in professione. Con grandi risultati. Stiamo parlando di Ruggero Ludergnani, figlio dell’indimenticato Marcello nostro socio e dirigente distrettuale del Rotary, imprenditore di successo.
Giovedì sera, nella bellissima casa di famiglia di Sant’Agostino, davanti a tanti soci, alla madre Carla, al fratello Matteo e alla cognata Beatrice, Ruggero ci ha parlato di sé, della sua storia professionale e anche personale, delle gioie e dei sacrifici, delle difficoltà e dei sogni. Già, i sogni: non mancano – non devono mancare – mai. Ma il più importante lui l’ha trasformato in realtà già da molto tempo, quando, forte di una volontà inossidabile, ha imboccato quella che riteneva (a ragione) la sua strada.
Iniziò – ha ricordato in apertura - come direttore sportivo dei ramarri di Sant’Agostino, poi divenne procuratore di giocatori, un’attività complessa anzichenò fin quando la Giacomense del presidente Mattioli, divenuta Spal, lo ingaggiò come responsabile delle giovanili. “Il salto dalla serie C alla serie A in meno di un anno mi ha inserito in un nuovo mondo”. Quel mondo straordinario lo ha portato ad affinare un mestiere oggettivamente importantissimo per una società di calcio che si rispetti. Lo stesso Mattioli e il direttore sportivo Vagnati lo tenevano in palmo di mano, e con ragione: centinaia di bambini e ragazzi coinvolti in modo serio e professionale, campionati vinti, interessanti risultati economici (le società hanno ovviamente bisogno anche di questo).
Poi il passaggio di Vagnati a Torino con Ruggero che momentaneamente preferì restare un altro anno fin quando le sirene piemontesi lo…stregarono e quindi non resistette, anche qui con ragione, al richiamo del grande Toro. “Mi ero già accordato – racconta - poi ci ripensai per un attimo, temevo molto questo cambio. Ma alla fine firmai e feci la cosa giusta”. Ecco quindi il saluto alla società biancazzurra che coincise con l’inizio del suo rapido declino poi trasformatosi nella fresca sanguinosa debacle di tacopiniana memoria e soprattutto responsabilità.
E a Torino Ruggero cominciò a farsi valere da par suo e “Divenni il responsabile del settore giovanile dei granata in riferimento al quale rispondo solo al presidente Cairo (personalità forte e non sempre facile ndr). Non ho altri sopra di me. Mi occupo anche di tutta l’amministrazione del settore compresa quella del settore femminile”, segno, potremmo dire, che quella laurea in economia non è affatto rimasta nel cassetto.
Già, i giovani granata, un piccolo esercito… ”Sono più di 600 suddivisi fra le 11 squadre giovanili, gli under 15-20 e la scuola di calcio (5-8 anni)”. Poi gli occhi gli si illuminano ancora di più quando ricorda che “La scorsa stagione abbiamo vinto due titoli nazionali, non capitava da 42 anni”. Dieci ragazzi della sua scuderia, inoltre, hanno esordito in serie A. Il suo è un lavoro costante, certosino, roba da 4-5 riunioni al giorno, rapporto costante con lo staff, gli osservatori e naturalmente con i genitori con i quali parla anche di contratti (le regole quest’anno sono cambiate). Già, i genitori: “Tutti pensano di avere un figlio-fenomeno, ma non è sempre così…”
E il futuro di Ruggero? Gli bastano i successi delle giovanili? “Devo dire che non smanio per lavorare con le prime squadre ma, certo, se capitasse l’occasione giusta…Il ruolo che preferirei – confessa - sarebbe quello non di direttore sportivo ma di direttore generale”. In prospettiva, Bologna, come mèta, si sa che non gli dispiacerebbe (la sua famiglia è peraltro da sempre tifosa rossoblù ad eccezione della madre, spallina). Alberto Lazzarini